ovvero QUANDO IL SAGGIO INDICA LA LUNA, LO SCIOCCO GUARDA IL DITO
Torno dopo alcune settimane di assenza, per affrontare un tema a me caro.
Di là dagli eccessi mediatici, propongo ai lettori un’analisi del momento negativo del Milan.
La sera della finale di Champions League vinta ad Atene contro il Liverpool, promisi a me stesso di abbandonare, in virtù dei risultati acquisiti, la linea dura da me adottata nei confronti dell’allenatore.
In questi anni la disinformazione ci ha raccontato le gesta epiche di un Milan protagonista in Italia ed all’estero, in forza di un gioco sempre raggiante ed esteticamente ineguagliabile; invero, come sostengo da anni – chi mi conosce lo sa bene - le moine della stampa nei confronti della squadra milanista sono figlie di un più generale disegno mediatico che tiene in scacco il nostro Paese e che magnifica ad arte il suo multiforme Presidente.
Si spiega così la netta virata operata dal principale quotidiano sportivo nazionale, che, abbandonando la pluridecennale immedesimazione organica alla Juventus, dal 2001 ha assunto il compito istituzionale di spiegare al suo lettore medio (invero, poco dotato di spirito critico) che i risultati positivi del Milan sono figli delle scelte illuminanti del suo padrone, non solo sul piano gestionale, ma anche sotto il profilo tecnico – tattico; il malcelato intento di stabilire una connessione fra le brillanti abilità sportive e quelle di conduzione del Paese è stato altresì perseguito da tutti gli altri organi informativi, fatta qualche lodevole eccezione (su tutte, Sky).
Il tema è interessante, ma preferisco tornare all’argomento del giorno: a tal fine, mi preme riferire un aneddoto, raccontato da Federico Buffa, davvero emblematico della situazione semi-paradossale vissuta attualmente all’interno del clan rossonero.
Alla fine del primo tempo di Milan - Catania, per recuperare lo svantaggio di 0-1, Ancellotti decideva di inserire una seconda punta, passando al 4-4-2: per fare ciò, spostava sulle fasce Seedorf e Kakà, chiedendo ai due di non convergere, ma di arrivare sul fondo per crossare in favore di Inzaghi e Gilardino.
Ebbene, per i primi 25 minuti della ripresa non si è visto nulla di vagamente assimilabile ad un 4-4-2, dal momento che Kakà, in spregio alle disposizioni ricevute, non ha fatto altro che aggredire la fascia centrale, saltando uomini a ripetizione e mettendo in crisi l’ottima difesa catanese; in questo modo, seppur in totale pregio del piano tattico stabilito dall’allenatore, il Milan ha creato occasioni a ripetizione (tra le quali, quella del rigore del pareggio), tutte figlie della classe smisurata del suo campione, il quale, tuttavia, nel frattempo veniva continuamente rimproverato di indisciplinatezza dal Mister e dai compagni.
Attorno al 25’ minuto, un’interruzione di gioco (l’infortunio di Polito) consentiva a Seedorf di avvicinarsi ad Ancellotti, per chiedergli di richiamare Kakà all’ordine tattico; stanco dei rimbrotti dell’allenatore, il brasiliano si stabilizzava dunque sulla fascia, trotterellando senza pretese e rendendosi volontariamente innocuo.
Di lì in avanti, 20 minuti di agonia totale per il Milan, che non ha più creato occasioni da gol.
Lo screzio con l’allenatore al rientro negli spogliatoi è solo l’epilogo di quanto precede, ma il contenuto ne può essere pienamente inteso solo da chi ha visto la partita ed è consapevole del siparietto tattico di cui sopra: il più classico dei capricci per il fuoriclasse carioca il quale, costretto malvolentieri sulla fascia, ha letteralmente smesso di giocare, così inviando un chiaro messaggio al tecnico ed ai compagni: senza di me, la barca affonda, soprattutto se la squadra nel suo complesso è quello che è.
Ebbene, in conclusione del mio intervento (della cui lunghezza mi scuso) ritengo di poter affermare che le responsabilità della crisi del Milan vadano attribuite alla società che, forte del potere mediatico di cui sopra, ha totalmente omesso di rafforzare la rosa in sede di mercato estivo, peraltro non solo quest’anno: la squadra è scarsa (vedi attacco e difesa), anziana e, ciò che più è grave, appagata.
Le papere di Dida sono un mero specchietto per le allodole.
Kakà lo ha capito perfettamente e domenica scorsa è stato chiaro: se volete, continuamo pure così, ma l’anno prossimo farete a meno di me.
1 commento:
Caro Francesco ti faccio i miei più sinceri complimenti per la disamina assolutamente competente e distaccata, soprattutto per quanto riguarda la prima parte che condivido in pieno.
Per quello che concerne il gustoso aneddoto di Kaka, avevo avuto il piacere di ascoltarlo già nella frizzante serata di Cupramontana in attesa della tua prelibata crepe ai cereali.
Un fenomeno simile, che in qualsiasi squadra sarebbe capace di cambiare le sorti non solo di una partita ma di un'intera stagione, dovrebbe certamente essere tutelato e coccolato dal proprio allenatore. Tuttavia da un punto di vista strettamente tecnico mi trovo solidale, mio malgrado, col tecnico Carletto Ancelotti e Seedorf che hanno inaspettatemente strigliato il giovane fuoriclasse brasiliano. A prescindere dalla qualità tecnica di un giocatore o dalla (in questo caso discutibile) competenza del suo allenatore, rimane il fatto che sia quest'ultimo a stabilire il ruolo che i suoi calciatori sono obbligati a ricoprire nella squadra. Certo, è altrettanto indiscutibile il valore aggiunto che Kaka porta all'interno del gioco del Milan, ma un grande giocatore come lui non dovrebbe a mio modesto parere abusare di questo "potere" che si ritrova ad esercitare nei confronti del suo Mister...
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